Il punto di vista della Federazione Nazionale della Caccia sulla Giornata Mondiale della Natura

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Si è celebrata poco tempo fa la Giornata Mondiale della Natura.
Per i cacciatori non una sterile ricorrenza ma un insieme di valori e impegni vissuti ogni giorno su tutto il territorio.


Una riflessione oltre la celebrazione guidati dalle parole di Mario Rigoni Stern

Il 20 dicembre 2013 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite decise di proclamare in marzo – giorno in cui nel 1973 è stata sottoscritta la Convenzione CITES sul Commercio Internazionale delle specie di flora e fauna a rischio di estinzione – Giornata Mondiale della Natura.

Il tema scelto per il 2021 è stato “Foreste e mezzi di sussistenza: sostegno delle persone e del pianeta”.

Si vuole così rilanciare l’attenzione della società e delle Istituzioni sul ruolo fondamentale che rivestono gli ecosistemi forestali per la vita non solo dei selvatici che li abitano, ma anche per l’uomo.

Milioni di perone in tutto il mondo dipendono da questo rapporto non solo per la loro sopravvivenza, ma anche per la qualità della loro vita, fatta di usi, consuetudini e di un legame storico spesso inscindibile.

E questo vale dalle tribù indigene dell’Amazonia agli abitanti dei borghi rurali del nostro Appennino. Un legame profondo, radicato, che ha i suoi tempi, i suoi ritmi e le sue regole, che vede l’uomo godere dei frutti della natura assicurando in cambio tutela e cura.

Chi viene da fuori, da altre realtà, non solo spesso non riesce a comprenderlo, ma quel che è peggio antepone e cerca di imporre la sua visione. Un fenomeno cui abbiamo assistito con maggiore frequenza in questo periodo di pandemia e relative chiusure, in cui molti cittadini, nel senso proprio di abitanti della città, hanno “riscoperto” la campagna, ma ci si approcciano con il proprio metro di misura, pretendendo di sovvertire un equilibrio che esiste da millenni e nel quale entrambe le parti – Natura e Uomo – hanno tratto reciproci vantaggi e prosperato.

Si cerca una natura da cartolina, dove i selvatici sono tutti Bambi e non si distingue un albero dall’altro, si cerca il prodotto tipico magnificato dall’ultimo chef televisivo, ma non si concepisce che il fagiano – ma nemmeno la gallina che razzola in cortile – costituisca il pranzo della domenica.

Una perdita di visione e di realtà che per la natura e l’ambiente è altrettanto pericolosa dell’inquinamento o dell’incuria.

“La nostra maniera di vivere è sbagliata, che il mondo che stiamo vivendo è fatto per consumare e che il consumo consuma anche la natura. Consumando la natura, noi consumiamo l’uomo: consumiamo l’umanità” dichiarava in una vecchia intervista Mario Rigoni Stern, che da montanaro avvertiva già anni fa questo pericolo. E continuava dicendo:

“Oggi ci sono coloro che non sanno più distinguere un abete da un pino. Sono gli ‘ecologisti da salotto’ che chiamano tutti gli alberi pini […] La maniera di vivere della nostra epoca mi sorprende. Mi domando se serva a qualcosa fare una coltivazione intensiva e produrre molto fino a buttare poi via […] La gente ha necessità di aria buona e di verde, non esiste solo la televisione. Lentamente, vedrà che si riscopriranno i valori della ruralità. Intanto occorre darci una mano”.

Ecco, diamo una mano alla natura. Noi lo facciamo, incompresi e vilipesi, ma vivendo con passione e amore quel rapporto con i boschi e la fauna che oggi si vuole celebrare.

Con la loro presenza negli Ambiti Territoriali di Caccia e nei Comparti Alpini i cacciatori gestiscono il 70% del territorio del nostro Paese, che ospita un tesoro incommensurabile di Biodiversità messo quotidianamente a rischio da cementificazione, abusivismo, speculazione edilizia, inquinamento, dissesto idrogeologico. Sono questi i veri nemici della natura.

La distorsione della realtà, la manipolazione dell’informazione da parte di speculatori e la visione animalista integralista che indica nella caccia “il nemico” da abbattere ad ogni costo non sono come si vorrebbe far credere un segno di civiltà, ma un grave problema per l’ambiente e per il Paese, oggi e per il suo domani.

L’attività venatoria, pratica sostenibile e fortemente regolamentata, coinvolge migliaia e migliaia di donne e uomini impegnati nelle campagne, nella gestione diretta di governo della fauna, nel controllo delle aree protette, nella vigilanza antibracconaggio, nell’antincendio, nel recupero e mantenimento di habitat, nella reintroduzione di specie in declino, in progetti LIFE, nei censimenti faunistici e altro ancora.

Vivere e far rivivere la natura, le foreste, le aree cosiddette marginali, conoscere la fauna e la flora, difendere il paesaggio, sono valori imprescindibili perché l’economia “verde” non sia uno slogan, ma una realtà da perseguire e realizzare.



fonte: Ufficio Stampa Federazione Italiana della Caccia




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