Uno studio universitario fiorentino sulle mangrovie, è allarme biologico
Una ricerca dell’Università di Firenze (Biologia) in 16 aree tropicali hanno testato e confermato che granchi e molluschi che alimentano le mangrovie stanno morendo con gravi danni per le foreste. Le mangrovie si sviluppano sui litorali bassi delle coste marine tropicali sommerse dalle maree e sono importantissime per una serie di servizi ecosistemici che forniscono a molte aree del Pianeta. Il loro lavoro di immagazzinamento del carbonio, ad esempio, riduce notevolmente gli effetti del cambiamento climatico. Crescono in ambienti difficili con notevole salinità delle acque e scarso ossigeno nel terreno. In loro aiuto vengono i granchi e i molluschi che, smuovendo costantemente il terreno per alimentarsi e costruire la tana, aumentano la velocità con cui i nutrienti possono essere di nuovo utilizzati dalle piante e portano ossigeno alle radici.
Le foreste di mangrovie sono però sempre più vulnerabili a causa dell’impoverimento nella biodiversità della fauna che vive e svolge compiti essenziali per la loro sopravvivenza. È l’allarme lanciato da uno studio internazionale coordinato dai ricercatori Stefano Cannicci e Sara Fratini, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. La ricerca, pubblicata in occasione dell’International Mangrove Day dell’UNESCO, ha rilevato la più bassa frequenza di invertebrati (granchi e molluschi) di sempre per le foreste di mangrovie che si estendono in Sud America, nell’Oceano Indiano orientale e nel Pacifico, già minacciate dalla deforestazione.
I ricercatori hanno mappato 209 specie di crostacei e 155 di molluschi in 16 aree tropicali e subtropicali di tutto il mondo. Hanno poi classificato queste specie in 64 unità funzionali che svolgono compiti indispensabili per la vita dei mangrovieti, a seconda di cosa mangiano e di quale comportamento attuano nel microhabitat in cui vivono.
Gli scienziati hanno individuato le foreste che potrebbero subire maggiori danni dall’impoverimento faunistico: “I nostri dati ci dicono che anche una modesta perdita di biodiversità degli invertebrati può avere conseguenze negative sulla funzionalità e la resilienza dei mangrovieti ai cambiamenti ambientali, in particolare quelli climatici – commenta Sara Fratini, ricercatrice di Zoologia – ma per il momento rimangono ancora aree che potranno costituire una preziosa riserva di biodiversità per queste foreste.
A cura redazione ArgaToscana
Fonte università di Firenze Biologia
Seguici anche sui social: Grazie!