Allarme per le nuove specie aliene in mare, Arpat le sta monitorando nei porti di Livorno e Piombino
Piccoli organismi marini originari delle Galapagos, ma anche mini crostacei giapponesi e plancton originario del sud-est asiatico. Sono alcune delle specie “aliene” individuate già nel golfo della Spezia nell’ambito di un progetto di monitoraggio condotto da un team di ricercatori di ENEA, Università di Pavia e Smithsonian Environmental Research Center (SERC).
Gli organismi vengono trasportati principalmente attraverso l’acqua di zavorra (fino al 25,5%) e l’incrostazione dello scafo (fino al 21,2%). Cinquantuno specie “non-indigene” sono classificate come ad alto impatto, cioè possono influenzare gli ecosistemi e le specie autoctone.
In Toscana in atto nuove tecniche sperimentali per individuare le specie alloctone nelle aree più a rischio. In pericolo c’è la biodiversità dei nostri mari e partono le ricerche nei porti di Livorno e Piombino.
Sono le navi, utilizzando come vettore le acque di zavorra e il “fouling”, ossia le incrostazioni che ricoprono gli scafi, a farle arrivare. Che cosa? Le specie aliene presenti nei nostri mari, sono una minaccia per la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi. Un fenomeno registrato non da tempi brevi con l’aumento esponenziale e dunque sempre più numeroso degli scambi intercontinentali via mare. Gli scienziati stanno studiando il fenomeno e sono decisi a a comprenderne le dinamiche.
Il Summary Report di 4 anni fa riportava 244 specie censite nei mari italiani tra cui il mar di Toscana, oltre a 16 specie criptogeniche (di origine sconosciuta), 15 specie dubbie e altre 58 per le quali erano già necessarie ulteriori verifiche.
Per questo la Direttiva europea sulla Marine Strategy prescrive un attento monitoraggio in mare delle specie non indigene, dette anche NIS, (Non indigenous species) immesse dall’uomo.
Il Ministero della Transizione Ecologica ha indotto le Agenzie ambientali a monitorare le aree a maggiore probabilità di rischio.
In Toscana se ne occupa ARPAT, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, che in 3 anni (2015-2018) ha concentrato le sue indagini su due stazioni dell’area portuale di Piombino.
Dal 2021 la modalità operativa di monitoraggio delle specie alloctone è stata aggiornata e prevede una serie di attività sperimentali sia all’interno del porto di Livorno e anche a Piombino, e poi presso l’allevamento di molluschi di Carbonifera a confine tra le province di Livorno e Grosseto.
Al porto di Livorno l’indagine è ricaduta sulla banchina Lorenzini, a livello sperimentale, una nuova tecnica adottata anche da ARPA dell’Emilia Romagna e da ARPA della Liguria.
I monitoraggi e le analisi sono costituiti da un mattone di zavorra sotto il quale è innescato un pannello di Pvc, con la faccia rivolta verso il basso; ciò serve per analizzare e determinare lo zoobenthos, il complesso degli organismi animali che vivono sul fondo dei mari. Più in alto è collocato un altro pannello di Pvc però esposto alla luce di superficie del mare e anche questo per consentire l’analisi delle macroalghe.
A maggio del 2021 sono stati calati in acqua 6 moduli comprensivi dei due pannelli sia a Livorno che a Piombino.
Un’altra tecnica sperimentale è stata scelta dal 2021: sono state calate in acqua quattro diversi tipi di nasse da pesca innescate con sardine per catturare pesci, crostacei, gasteropodi ed echinodermi.
Sarà poi importante il ruolo e dunque il loro compito dei biologi del CIBM (Centro Interuniversitario di Biologia Marina) di Livorno analizzarli per verificare la presenza di specie alloctone.
I dati ottenuti saranno inseriti nel Sistema Informativo centralizzato.
Questi studi sono dettagliati, ma estesi e complessi ma comunque necessari per conoscere la diffusione delle specie aliene per giungere ad elaborare delle strategie per contrastare il fenomeno e le tattiche nonchè le tecniche per contrastarla. Ci sono in gioco tante cose, ma in primis la biodiversità del nostro mare.
redazione ArgaToscana