Dagli estratti di lieviti e olio nasce una speranza contro la malattia dell’Alzheimer è lo studio condotto anche dall’Università di Firenze
Gli estratti di lieviti di birra e di olio di oliva servono per contrastare l’Alzheimer.
E’ la scoperta di ricercatori universitari di Firenze e di Roma su un campione di venti pazienti; sono risultati promettenti e adesso è stato dato avvio a uno studio clinico più ampio.
La notizia, cioè quella di rallentare il processo di malattia dell’Alzheimer e perchè no quella di stopparla è di quelle clamorose.
Perchè raggiunta senza procedimenti complessi, naturale e priva di effetti collaterali.
Il tutto da prelievi dai lieviti di birra e dai polifenoli contenuti nell’olio extravergine di oliva. In termini medici e di ricerca il primo si chiama peptide ossidante e il secondo è un polifenole tipico estratto da un bicchiere di olio extra vergine di oliva.
Lo hanno scoperto il biochimico Gianfranco Liguri dell’Università di Firenze
e il neurologo del Fatebenefratelli di Genzano a Roma Massimo Marianetti.
“Per un anno sono stati somministrati a venti pazienti le giuste dosi” ha riferito Liguri.
Il risultato è stato sorprendente, oltre le aspettative. I pazienti con altri venti di controllo sono stati sottoposti successivamente a 14 test cognitivi e dopo sei mesi di trattamenti mentre il gruppo di controllo ha mostrato dati negativi sul procedere della malattia che è tipica in questo caso, gli altri pazienti trattati hanno visto migliorare tutti i test persino quello della memoria.
Si sono registrati casi con score addirittura triplicati nel positivo. Anche se i danni al cervello rimangono tali ed è tipica della malattia, le due molecole naturali sembrano bloccare il progredire delle fasi iniziali facendo recuperare parte delle capacità perdute.
Quello che ancora non si conosce e che non si sa ancora, quanto duri questo effetto protettivo. Le due molecole chiamate glutatione e oleuropeina sembrano che riducano lo stress ossidativo e quindi di riduzione del danno, l’altra invece riduce le placche dell’Alzheimer trasformandole ina placche amorfe. e dunque meno dannose.
Tuttavia venti persone nel programma iniziale sono poche, ma la base concreta c’è e si va avanti con lo studio clinico. Più ampio. Con vari centri europei.
a cura Redazione ArgaToscana
fonte: Il Venerdi Repubblica