Il Padule di Fucecchio torna a animarsi, ma ci sono adesso nuove specie
Il Padule di Fucecchio torna a animarsi, ma il suo habitat naturale è in precario equilibrio
I pericoli sono dietro l’angolo.
La singolare storia del Casotto Del Sordo
(Si ringrazia per la collaborazione Valerio Gargani)
E’ la più estesa palude d’Italia. Duemila ettari di estensione.
La conosciamo come toscani: la provincia di Firenze confina con Pistoia e la Valdinievole, Colline delle Cerbaie e a sud con l’Appennino Pistoiese.
Unico canale che la percorre è l’Usciana.
Una volta questo territorio con caccia, pesca e coltivazione delle erbe palustri ci “campavano” intere famiglie che poi erano assai numerose.
Il Padule insomma dava i suoi frutti che l’uomo sapeva raccogliere.
Erano i tempi che quest’area faceva fulcro, sostentamento e sviluppo.
Poi subì gli attacchi ambientali, divenne una discarica a cielo aperto.
Le famiglie furono attratte da nuove attività.
La fatica contadina fu lasciata alle spalle.
Eppure è qui che è nata la parola “padulano” sia in termini positivi che negativi (in quest’ultimo caso se volevi offendere qualcuno).
Nel 1989 nasce l’associazione del Padule, che raduna cacciatori e pescatori del territorio fucecchiese, la sede è porto allo Stillo a Massarella dove c’è il Casotto del Sordo. Presidente è Paolo Pellegrini.
Strana e singolare la storia del Casotto.
Casotto che fu costruito nel 1923 da tale Corpaccioli, reduce della prima guerra mondiale. Rientrò dalla guerra ridotto male e menomato e ferito e in più dalle orecchie non sentiva più e cioè era sordo.
Quando costruì quel capanno rimessa la gente del posto non lo chiamava col suo vero nome, ovvero Corpaccioli, ma col soprannome cioè il sordo e il suo Casotto divenne così il Casotto del Sordo.
L’ associazione circa quasi vent’anni fa ha rimesso in funzione l’area, adesso ci sono i tradizionali barchini con gite in Padule, le gite per i “chiari”, le visite delle scuole e se non c’era il Covid19 erano già partite gustose merende su quei verdi prati. C’è anche un piccolo museo.
In Padule si respira aria pura, i polmoni di noi umani ne beneficiano. Il verde è ovunque di questi tempi.
Arriviamo all’ultimo capitolo ovvero l’habitat.
Si pesca ancora, ma la tinca da venti anni non c’è più, il luccio da quindici, sparito il pesce gatto, persino i ranocchi non si sentono più.
Sparite le salamandre e le serpi.
Ci sono reine e carpe e pesci breme, i siluri. Ma il resto è scomparso.
C’è un motivo: la comparsa di altre specie, il pesce gatto americano, il killer ovvero il gambero della Louisiana Kentucky. Quest’ultimo chiamato killer mangia di tutto, larve, uova, sia in acqua che in terra, è un anfibio e cammina anche sul suolo alla costante ricerca di cibo. Sono adesso migliaia.
È un pericolo anche per gli uccelli quando nidificano qui in Padule.
O magari quando si appoggiano dopo un volo sui terreni palustri.
Ma questo killer o gambero killer come è stato introdotto?
Sfatata la leggenda del famigerato secchio pieno di acqua e gamberi prelevato nel 1998 dal lago di Massaciuccoli, resta il lento ma costante camminamento del gambero, di terreno in terreno, di fosso in fosso e l’arrivo poi in Padule.
Ad aggravare l’habitat di quest’area se n’è aggiunta l’ultima, questa.
La comparsa nelle acque palustri di centinaia e centinaia di tartarughine verdi, quelle di solito comprate ai mercati settimanali di ogni paese.
Anche a loro, una volta trovato e adattato il loro ambiente fanno incetta di ogni cosa: golose di larve e uova di pesci e altro tra cui mosche, zanzare.
I gechi che qualcuno chiama terrantole o tarantole si sono ridotti.
Ridotti ai minimi termini.
Un giorno ci sarà forse la battaglia finale in Padule tra tartarughe e i gamberi killer.
Chi la vincerà?
Il PADULE dovrà solo assistere alla scena madre conclusiva?
A cura di Franco Polidori per redazione Arga Toscana
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