Un museo sul tartufo a San Miniato, ecco Mu.Tart. tra video multimediali, storie, via Francigena e un territorio ricco di un prodotto unico

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MU.TART È NATO IL MUSEO DEL TARTUFO DELLE COLLINE SAMMINIATESI

Sono occorsi diversi mesi, ma alla fine il progetto per un museo del tartufo a San Miniato è diventato realtà.
Così il museo del tartufo MU. TART, delle colline samminiatesi è stato inaugurato, alla presenza delle massime autorità regionali e locali e degli attori che a vario titolo hanno portato a termine questa iniziativa volta a dare uno spazio fisico di approfondimento per tutto ciò che riguarda la tradizione della cerca e cavatura del tartufo nelle colline samminiatesi, un areale di 30 Comuni riconosciuto dalla Regione e reso unico dalla presenza della pepita bianca (e di tutti i fratelli meno pregiati ma comunque ottimi in cucina,dal marzuolo primaverile allo scorzone estivo).

Le “Colline Samminiatesi”, costituiscono un’area ondulata e boschiva, a cavallo fra le province di Pisa e di Firenze e che a partire dall’Arno scende a Sud fino a Volterra abbracciando trenta comuni delle due province. Si tratta di un territorio delimitato dalla Valdelsa e dalla Val di Pesa a Est, dalla Valdera e dalla Val di Cecina a Ovest, con il cuore geografico nello spazio di circa trenta chilometri della valle del fiume Egola, che da Gambassi attraversa il territorio di Montaione e di San Miniato, sfociando in Arno. I Comuni compresi nelle Colline Samminiatesi (L.R. 36/2023) sono San Miniato, Barberino-Tavarnelle, Bientina, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme-Lari, Castelfiorentino, Castelfranco di Sotto, Cerreto Guidi, Certaldo, Chianni, Crespina-Lorenzana, Empoli, Fucecchio, Gambassi, Lajatico, Montaione, Montecatini Val di Cecina, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Montopoli in Val D’Arno, Palaia, Peccioli, Ponsacco, Pontedera, Santa Croce Sull’Arno, Santa Maria a Monte, Terricciola, Vinci e Volterra.


Il museo si chiama Mu.Tart ed è stato reso possibile grazie al contributo di Regione Toscana e Camera di Commercio Toscana Nord Ovest, che hanno voluto sostenere convintamente l’idea di Fondazione San Miniato Promozione, la realtà che ogni anno a novembre organizza l’attesissima Mostra Mercato del Tartufo bianco di San Miniato.

Il Museo è sostenuto dall’amministrazione comunale e patrocinato dagli altri 29 Comuni che fanno riferimento all’area delle colline samminiatesi, oltre che dall’Associazione Tartufai delle Colline Sanminiatesi. “Si tratta di un progetto ambizioso, sicuramente l’azione programmatica più importante per l’annata in corso per quanto riguarda la Fondazione” ha riferito il Presidente Marzio Gabbanini.


Dopo mesi e mesi di studio, di ricerche e di lavoro, il museo con sede in via IV Novembre 20 è a disposizione della cittadinanza e dei tanti turisti e pellegrini che affollano San Miniato tutto l’anno per godere delle sue bellezze: dalla Rocca alla Via Francigena ai boschi che custodiscono gelosamente questi straordinari tartufi.


Nel museo sarà possibile apprezzare sia reperti legati alla tradizione della cerca e cavatura e sia delle riproduzioni di tartufi molto famosi, come quello da 2,520 chilogrammi trovato nel 1954 dal sanminiatese Arturo Gallerini detto “Il Bego” e poi che poi fu donato al presidente degli Stati Uniti Eisenhower da un commerciante di Alba; tutt’oggi quell’esemplare è quello storicamente più grande mai ritrovato e uno dei pochissimi oltre i 2 kg, tutti nati nei boschi delle colline sanminiatesi.

Sarà anche possibile vivere delle esperienze immersive, immergendosi insieme ai tartufai in quell’arte fatta di riti e segreti che è la cerca e cavatura del tartufo, da alcuni anni proclamata patrimonio Unesco.

Inoltre – tramite dei dispositivi realizzati ad hoc – chi vorrà potrà conoscere tramite video i vari protagonisti della cerca e cavatura: il tartufaio, il cane (che sia un meticcio sanminiatese o un lagotto), le piante tartufigene, il vanghetto utilizzato per scavare il terreno e non solo. La tradizione vuole che la cerca e la cavatura del tartufo siano state introdotte dai braccianti stagionali romagnoli, che, nella seconda metà dell’Ottocento lavoravano nel territorio samminiatese. Questi, già cavatori a casa propria, riconosciuti gli ambienti tartufigeni, dopo aver verificato la generosità di boschi e valli della Valdegola, tornarono con i lagotti romagnoli, fedeli compagni ed esperti cercatori.


Alcuni addirittura vi si stabilirono, diffondendo questa pratica nei borghi di Balconevisi e Corazzano e, nei decenni successivi, nella Val di Chiecina, Val di Cecina, Valdera, Valdelsa e Val di Pesa.

La straordinaria produttività dei primi decenni del secondo dopoguerra fece di San Miniato il cuore della produzione e del commercio di questa ampia area tartufigena. San Miniato sarebbe diventata, da quel momento, la terza città, dopo Alba e Acqualagna, a ospitare una Mostra Mercato del Tartufo Bianco, posta al centro della più fertile area produttiva della Toscana. Avrebbe così preso il nome di “Colline Samminiatesi”, quando l’Ente Regione normò, nel 1988, raccolta, commercializzazione e zone di provenienza.


E lungo i decenni in questo territorio è nata anche l’Associazione Tartufai delle Colline sanminiatesi, oltre a un ricco numero di commercianti di tartufo. Si è dato vita nel corso della inaugurazione all’assemblea dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, a cui è seguito nel pomeriggio un incontro dedicato al progetto Museo e riservato alle autorità presenti di livello locale, regionale e nazionale. Dopo l’inaugurazione, invece, ai Loggiati di San Domenico spazio ai tartufi marzuoli (quelli tipicamente primaverili) e alle eccellenze stagionali del Mercatale.

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